(Funzioni Pubbliche Centrali) Autonomie Locali, Sanità, Istruzione e Scuola, Comparto Sicurezza
La CISAL FPC è una federazione costituita nel 2011 ed oggi inserita in un più generale progetto avviato dalla CISAL per il Pubblico Impiego. L’idea di fondo è di imprimere una svolta alla presenza del sindacalismo autonomo nel settore delle Amministrazioni Centrali dello Stato, rafforzandolo attraverso una sinergia politica e organizzativa tra sindacati che, pur richiamandosi tutti al valore dell’autonomia, in precedenza avevano sempre intrapreso percorsi separati.
La CISAL ha l’ambizione di mantenersi fedele ad una visione del sindacato che risponda alle attuali esigenze della categoria, per cui, fermo restando il dialogo a tutto campo con i Partiti e le Istituzioni, si ha cura di fare in modo che la missione di fondo del Sindacato, ovvero rappresentare e tutelare al meglio i lavoratori, rimanga sempre in primo piano e non venga intaccata da interessi contingenti ed estranei alle finalità statutarie.
Tale obiettivo si interseca con quello di armonizzare la dimensione categoriale delle federazioni con l’ambito confederale, conciliando Autonomia e Confederalità. Il fine è quello di favorire una nuova politica per il pubblico impiego, che recuperi l’esigenza di venire incontro alle specificità dei vari settori che lo compongono.
Al tempo stesso, la CISAL si è prefissata l’obiettivo di conseguire la rappresentatività nel maggior numero possibile di comparti, anche nella prospettiva di una riduzione del loro numero. In tale contesto la CISAL FPC nasce, principalmente, come Federazione dedicata ai lavoratori delle così dette Funzioni Centrali, ovvero Ministeri, Presidenza del Consiglio, comparto Sicurezza (Forze di Polizia), Agenzie Fiscali, ponendosi in stretta collaborazione con la FIALP CISAL, la Federazione degli Enti Pubblici non Economici, il cui patrimonio di storia e idealità sindacali ha fatto letteralmente scuola nell’ambito del Sindacalismo Autonomo.
L’obiettivo finale sarà quello di giungere alla piena confluenza della CISAL FPC nella FIALP CISAL.
Da un lato, dunque, si pone l’ultra cinquantennale storia della FIALP CISAL che ha rappresentato un modello per l’intero sindacalismo autonomo; dall’altro si collocano quelle intuizioni che, già negli anni ‘80 e ‘90 hanno visto la CISAL eccellere nel comparto dei Ministeri.
Questo patrimonio è stato successivamente arricchito dall’apporto di proposte, competenze ed esperienza di altri stimati colleghi sindacalisti, grazie ai quali il progetto CISAL FPC ha acquisito la sua connotazione definitiva.
Oggi la CISAL FPC vuole proporre alcuni temi che restano fondamentali per un rinnovamento della P.A.; temi scomodi certamente, perché tesi ad evidenziare come la questione pubblico impiego sia stata, negli anni più recenti, abilmente manipolata, proprio per nascondere le vere cause e i veri responsabili del degrado della nostra P.A.
Il programma di fondo della CISAL FPC, non a caso, parte dall’assunto secondo cui è addirittura risibile ricercare le cause delle disfunzioni di una infrastruttura così complessa come la Pubblica Amministrazione, esclusivamente nell’operato del “corpo grosso” dei lavoratori pubblici (che non sono solo impiegati amministrativi, ovviamente, ma anche tecnici, infermieri, poliziotti etc etc), ma che in realtà le cause più profonde siano da ricercarsi altrove.
Esse, in particolare, risiedono, a nostro avviso, nella assoluta collusione che continua a persistere tra il mondo della politica e quello dell’alta burocrazia: la stretta e deleteria connessione tra questi due ambienti non è mai venuta meno, nonostante che proprio la sua rimozione dovesse essere uno degli obiettivi primari della riforma avviata, negli anni 90, con la privatizzazione/contrattualizzazione.
La tendenza della Politica a “piegare” la funzionalità delle Amministrazioni Pubbliche verso esigenze di “potere” e non ai cittadini, si manifesta in vari modi, e sfrutta una serie di concause sulle quali, incredibilmente, le varie riforme succedutesi dal 1993 in poi, non sono mai intervenute.
Ad esempio: il persistere di categorie speciali di alti burocrati, sottratte ab origine dalla contrattualizzazione del rapporto di lavoro, per i quali le regole comuni non valgono e che, anche grazie a questo, possono mantenere un rapporto privilegiato con la politica, che, di converso, non ha mai voluto applicare alle medesime le norme su merito e produttività a cui ha sottoposto il pubblico impiego contrattualizzato. Ed ancora: il sostanziale rafforzamento delle normative che consentono il ricorso alle chiamate dirette, soprattutto per posizioni dirigenziali e direttive, alla esternalizzazione dei servizi, con il ricorso a ditte esterne o agenzie per il lavoro interinale che, quasi sempre, generano precariato lavorativo proprio laddove (la Pubblica Amministrazione) il precariato, per definizione, non dovrebbe esistere. Gli sprechi determinati da norme anacronistiche che attribuiscono trattamenti accessori o benefici strumentali di retaggio ottocentesco (appartamenti e auto di servizio, autisti, cuochi, indennità di trasferimento, missione, trasferta più o meno fasulle); le carriere automatiche e, soprattutto, certi stipendi dirigenziali (con conseguenti trattamenti pensionistici) che rappresentano una autentica offesa per le Istituzioni stesse, troppo spesso rappresentate da chi non merita di farlo.
Non possiamo non citare, inoltre, l’inadeguatezza delle norme sul controllo della regolarità degli appalti, e la scarsa efficacia di quelle per il contrasto alla corruzione, ulteriore fattore di degrado e degenerazione delle nostre Istituzioni pubbliche.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una raffica di interventi normativi, tutti più o meno coerenti nel fondarsi sul principio del sistematico “massacro” del pubblico impiego; di converso, tuttavia, su questi temi il Ministro, il Governo, il Parlamento di turno, hanno sempre fatto orecchie da mercante.E stiamo parlando di Istituzioni in cui proprio ex sindacalisti (di sinistra, di centro e di destra) hanno assunto posti di rilievo: proprio per tali motivi si sta rafforzando, in molti lavoratori, la convinzione che solo un Sindacato che possa coniugare in se’ sia la dimensione della confederalità sia la dimensione della autentica autonomia dalla politica possa contrastare la tendenza in atto, e restituire ruolo e dignità a milioni di “grigi e anonimi lavoratori del pubblico impiego” che sono quelli che, in ogni caso, ogni giorno mandano avanti i servizi, affrontano l’utenza e risolvono i problemi, spesso nella più totale indifferenza e insensibilità di “capi” che, a volte, non sanno nemmeno di cosa dovrebbero occuparsi e di politici sempre più lontani dalle esigenze reali del Paese.
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